#VITEASSURDE

È assurda la vita di chi ha incontrato Padre Gabriele Pedicino.

Per venti anni in servizio presso il Santuario di San Nicola a Tolentino e a servizio dei giovani e delle famiglie.
Questo non è un articolo celebrativo, né un articolo per soli credenti, ma è per tutti coloro che riconoscono che il bene non ha colore, credo, genere.
Padre Gabriele è uno di quelli che di bene ne ha fatto tanto, al di sopra dei colori e dei credo

É stato prete, per tutti coloro che avevano bisogno di una guida spirituale. E lo sarà ancora.

È stato fratello, per tutti coloro che avevano bisogno di camminare con qualcuno che non li giudicasse ma che li sostenesse, li guidasse con una parola, un gesto, una presenza. E lo sarà ancora.

È stato padre per tutti coloro che non ne avevano uno. Realmente o solo simbolicamente. E lo sarà ancora.
Molte sono state le persone (giovani e meno giovani) che sono passate per il convento orfani e si sono ritrovati ad aver vissuto l’esperienza della paternità e della maternità. Molte sono state le coppie, che nel desiderio di essere genitori, hanno sperimentato l’essere padre e madre di qualcuno.
Spesso l’attuale generazione di giovani la definiamo senza padri. 
È così!

In molti casi.
Ma in molti casi gli orfani che frequentavano o frequentano le scuole di Tolentino, hanno potuto vivere un tempo e uno spazio in cui degli adulti (frati, coppie sposate, giovani) hanno scelto di mettersi al servizio di una missione volta alla condivisione, alla crescita, alla riflessione.
Molti sono stati i giovani che, con coraggio, hanno deciso di partecipare ad esperienze di condivisione pur essendo non battezzati, atei, musulmani, agnostici. Giovani che potremmo definire lontani dalla vita di Chiesa eppure in quella esperienza ci hanno visto il bello, ci hanno sentito il gusto di umanità. E sono tornati.

Lo scopo di questo tipo di esperienze non è quello di aggiungere tesserati al partito della Chiesa, ma è ed è sempre stato offrire uno spazio di ascolto, un’esperienza in cui sentirsi amati.

Si trasforma la vita di un giovane che entrando dichiara ferite aperte, assenze dolorose. Cambia  e si trasforma nel viso, nelle emozioni, perché in quell’esperienza, sotto la guida della comunità agostiniana, è possibile dare senso, uscire dall’anonimato e sentirsi amati, riconoscendo un valore a se stessi, al di là della propria storia personale.

Quanto sono importanti queste esperienze per permettere ad una esistenza mutilata dal dolore di crescere forte, sostenuta dalla forza interna della vita che non permette a nessuna creatura di cadere senza offrire un valido sostegno per rialzarsi. Abbiamo tanto parlato di resilienza durante i lunghi mesi del terremoto, ma la resilienza altro non è che una competenza che ha bisogno di fattori di protezione per sviluppare e emergere. A San Nicola, in questi anni, Padre Gabriele ha trasformato se stesso, le famiglie, tutti coloro che si sono messi a servizio di una comunità in tutori di resilienza, ovvero figure capaci di sostenere lo sviluppo psichico ed emotivo dei ragazzi e far sì che l’apprendimento della sicurezza nelle proprie capacità, si potesse replicare di fronte le avversità. Senza far sentire la persona “perso”, ma radicato, sicuro.

In queste poche righe il ringraziamento a Padre Gabriele per aver intercettato la vocazione del Santuario di San Nicola quale luogo privilegiato di accoglienza, crescita e condivisione.

Un grazie non solo come cittadina ma anche molto personale, come donna, moglie, madre, per la possibilità di avermi concesso di diventare parte di un processo di crescita “senza guadagno”, riscoprendo i valori della gratuità e della solidarietà; grazie all’esperienza vissuta a San Nicola ogni adulto ha potuto imparare una forma di amore incondizionato. 

COME? OSSERVANDO COME Padre Gabriele abbia accolto in questi anni ogni richiesta,  abbia fronteggiato le avversità, abbia integrato le differenze, facendosi modello di accoglienza, tolleranza, solidarietà, perdono. Un modello di “SI! Alla vita”


A te Padre Gabriele va il mio grazie, per aver reso la mia vita assurda.
Ti auguro di trasformare in modo assurdo la vita delle persone che incontrerai.

Come spegnere un bambino.

Li vogliamo, li desideriamo, gli diamo un nome quando ancora non abbiamo un padre, ci emozioniamo al pensiero di quelle manine cicciottelle, li sogniamo teneri, coccoloni, immaginiamo una vita insieme piena di sorrisoni, momenti spensierati e instagrammabili e poi….arrivano!
E tutto cambia.

Il sogno immaginato si infrange e ci ritroviamo nella realtà.

Soffriamo per il venir meno improvviso dei nostri spazi, della nostra tranquillità.

Scopriamo che dormire è un ricordo e le occhiaie diventano un nuovo accessorio da portare senza vergogna.
Di notte non si dorme e di giorno….oddio quanto si muovono! Quanto urlano! Quanto disordine! Mettono le mani dappertutto, fanno dei pasticci incredibili. E le schifezze poi…non ne parliamo!
E se vogliono una cosa? Non la chiedono, la urlano, piangono, sbraitano ovunque si trovino. Certe figuracce!!!

Ci sono momenti in cui il nostro sguardo non è più tanto amorevole e ci ritroviamo in preda a crisi di nervi, frustrati, stanchi: “Mi devi rispettare, sono tuo padre/tua madre!”

I bambini sono maestri, non perdono occasione di dimostrarci che l’autorità che rivendichiamo, auspichiamo, è solo un’illusione.
Ci insegniamo che le cose vanno chieste in modo diverso. In un modo rispettoso, chiaro, gentile, proprio come vorremmo che qualcuno si rivolgesse a noi.

Cosa fare?
Reprimere o adattare il mio modo di educare?

Adattare a cosa?
A me stesso, ai miei limiti.
Ai miei figli.
Al contesto in cui vivo.
Alle risorse che ho.
Qualcuno ci prova a fare questo sforzo. 
A volte ha successo, a volte no. Qualcuno ci riprova, qualcuno no.
Ma allora come li gestiamo questi figli? 

FACILE! Oggi siamo in possesso di uno strumento che da 0 anni può cambiare la vita di un genitore alle prese con un figlio che “vole fa quello che je pare”.

SI CHIAMA: SMARTPHONE.

È un attrezzo venduto come telefono ma usato per tutto tranne che per telefonare.

Va bene sia d’estate che d’inverno.

Si può usare in casa, al parco, al ristorante, al museo, a casa degli amici, parenti, in fila dal dottore o mentre ti fai l’aperitivo, insomma ovunque.
È adatto a qualsiasi età e ha un effetto immediato: ti libera dal figlio per tutto il tempo che vuoi. Spesso te lo dimentichi proprio!

Che figata eh!

Si, una vera goduria. 

Possiamo finalmente fare i genitori senza tutte le rotture dei genitori, portarci dietro questi nani senza perderci tempo, energie, risorse. 

Cosa succede al bambino? 

Il bambino viene spento. L’effetto dello smartphone è quello di renderlo un ameba, un vegetale senza bisogni, né desideri, irritabile, senza creatività.

Chi non vorrebbe un figlio così…no?!

Quando ci accorgiamo che sono abbastanza annoiati, spenti, inattivi e poco inclini a qualsiasi attività li vogliamo attivi, performanti…insomma vorremmo che da burattini diventassero bambini/individui.
Come possiamo pretendere che diventeranno adulti in grado di sperimentare il mondo se come genitore gli ho mostrato che:
– “chiedere si, ma non troppo perché senno mi rompi”
– “la tavola non è un momento conviviale ma un nuovo momento in cui guardare video, mandare mail, ecc”
– “Sai benissimo scrollare e giocare sul telefono ma non hai la benché minima idea di dove siano i bicchieri per dissetarti, né allacciarti le scarpe”

Continuo? NO! Ci siamo capiti.

COSA FARE?


Nonni, genitori, zii, baby sitter è il tempo
di favorire lo stare fuori, l’esplorazione all’aria aperta, nel bosco o al parco. Ascoltiamo i suoni della natura, osserviamo i fiori che nascono lungo le aiuole, nel campi: impariamo il loro nome, raccogliamoli e portiamo a casa un po di bellezza. Guardiamoli, godiamocela.
E se piove? Giochiamo a carte…ne esistono di tantissimi tipi.
“Perdiamo tempo” con i bambini, che poi è un “investire nella relazione”; cerchiamo di non avere fretta di piazzarli da qualche parte, di riempire gli spazi vuoti: stiamo con loro, impariamo a chiedere il perché delle cose: “Come mai…?”, lasciamo che ci dicano la loro opinione, favoriamo la nascita di un pensiero critico, riflessivo, scientifico.
Abbandoniamo i cellulari sulla mensola, dedichiamo un tempo esclusivo ai bambini.
Hanno bisogno dei nostri occhi, della nostra totale attenzione.

Lasciamo che giochino con con gli insetti, i legnetti, l’acqua, diamo loro il tempo di annoiarsi, perché dalla noia nasce l’idea di un gioco nuovo.
Narriamo loro storie lontane che hanno un sapore dolce, di quelli che non vorresti smettere mai, riappropriamoci di un modo di stare con i bambini che oggi sembra in disuso: insegniamo ai bambini il so-stare nella relazione. Manteniamoli accesi.