
Se il ‘900 è stato il tempo dell’educazione autoritaria, il primo ventennio degli anni 2000 è stato sicuramente il tempo dell’educazione autorevole…e a me piacerebbe che ora fosse il tempo dell’educazione AMOREvole.
Sì, perché dell’amore tutti ne parlano, lo desiderano, ma in pochi sono capaci di praticarlo. Se poi all’amore aggiungiamo la parola “educazione” la faccenda si complica ancora di più.
Perché, diciamocelo, non c’è niente di più complicato dell’educazione.
Dell’essere modelli educativi.
Prima di tutti in educazione bisogna saper dire le cose giuste, fare le cose giuste, essere un genitore, un modello perfetto. Perché se agli studiosi basta un genitore “sufficientemente buono”, nella realtà a noi comuni mortali non basta, dobbiamo essere perfetti.
Peccato che la perfezione male si sposa con l’educazione. Deve essere davvero difficile per il figlio del genitore perfetto diventare un uomo o un donna sereni, senza l’ansia di sbagliare e liberi dal bisogno di essere sempre e comunque performante, al di là della propria capacità, della propria possibilità, e di tutti i fattori che possano ostacolarlo.
Come potrà mai quel bambino diventare un adulto felice?
Quali occasioni ha avuto quel bambino per vivere se stesso, nei propri limiti, nelle proprie fragilità? Sempre e sopra a tutto dovrà essere perfetto. E ognuno di noi sa quanto sia difficile e faticoso mantenere uno standard di perfezione cosi alto nella propria vita.
A leggere queste righe non vi è già venuto l’affanno?
A me piace la coerenza. Che va ricercata, e rende più felici della perfezione. Perché ci sia coerenza è necessario aver fatto un lavoro di scelta: Chi voglio essere come genitore? Che tipo di adulto vorrei che mio figlio diventasse?
Allora potrò capire che il mio comportamento è IL modello educativo, più delle parole.
E infine c’è il come si educa. Se sei troppo duro, li traumatizzi. Se sei troppo buono, faranno come vogliono… ma insomma come bisogna fare?
L’amore. L’amore secondo me può trasformare radicalmente il nostro modo di educare.
Nel tipo di amore che intendo io c’è la compassione, il perdono, l’accettazione… e tutto ciò che permetta a me adulto di trattarmi con gentilezza.
Sì, proprio a me. Perché prima del figlio che ci siamo noi adulti, e solo quando noi adulti, ciascuno per sé, saremo capaci di trattarci con amore di fronte ad un errore, con gentilezza di fronte ad un limite, con compassione di fronte ad un dolore, e di perdonarci, allora saremo in grado di farlo con i nostri figli.
Educazione AMOREvole è allora quel tipo di educazione che mi permette di vivere in una quotidianità senza dimenticarmi che mio figlio sta crescendo in una condizione dis-umana: lontano dalla natura, eccessivamente esposto a luci artificiali, in posizioni statiche e con ritmi che richiedono le abilità di incastro di un esperto giocatore di Tetris.
Sarò sufficientemente AMOREvole quando rinuncerò a un pò della mia ambizione personale come genitore per scegliere di farmi modello di un tempo lento, che risponda ad un ritmo umano, naturale.
Smetterò di lamentarmi dei ritmi sostenuti e inizierò a “tagliare”, a ridurre gli impegni, a scegliere le priorità.
I bambini di oggi dormono in media un’ora al giorno in meno dei loro coetanei di 15 anni fa. Ciò significa scompensi enormi in termini di attenzione, concentrazione. Non dormono soltanto un’ora in meno al giorno, ma hanno vite nevrotiche e stressanti che i loro coetanei di 15 anni fa nemmeno si sognavano (anzi, non lo sognavano affatto!!!): 2 sport per due volte a settimana, catechismo. E per chi fa gare aggiungiamo il sesto impegno settimanale (oltre la scuola), la domenica mattina.
Mi sembra che gli stiamo chiedendo troppo…
Pensare ad un’educazione AMOREvole allora può significare decidere di fare meno. E sono certa che a questo corrisponderà un “fare meglio”, inteso con maggiore presenza, attenzione, partecipazione.
Fare meno e pretendere meno. Da noi stessi, dagli altri.
Se sarò disposto a pretendere meno da me stesso, a concedermi la possibilità di sbagliare, a essere gentile con le mie fragilità, sarò sicuramente disposto a non incasellare mio figlio o mia figlia in rigide organizzazioni settimanali; potrò educare a stare nelle cose, piuttosto che al fare bulimico e compulsivo senza possibilità di riservare un tempo di integrazione dell’esperienza; darò importanza ai momenti condivisi in famiglia, la lettura di un libro, la visione di un cartone insieme, la preparazione di un dolce o una passeggiata.
O semplicemente decido che posso accettare il tempo del non fare niente.
Ma come non siamo tutti fan dell’elogio all’ozio?
Questo stile di vita ci porterà, tra 15 anni, a una società nevrotica, bulimica. Avremo adulti non abituati alla riflessione, alla capacità di comprendere l’altro, incapaci di SO-STARE nelle relazioni. Come possiamo fermarci a comprendere cosa vive un adolescente se non abbiamo il tempo di ascoltarlo? Ma veramente ci nascondiamo dietro il dito delle condivisioni social o degli audio (odiosi) di whatsapp? Ci può bastare per conoscere veramente nostro figlio o nostra figlia, per costruire una relazione con lui o con lei? Come può sentirsi ascoltato o ascoltata se non trova occhi e orecchi adulti pronti ad ascoltarlo in modo esclusivo, senza distrazioni?
Se comprenderemo il valore di un tempo lento in cui prenderci cura della relazione con noi stessi, se come genitore comprenderò quanto è importante fermarmi e “riconoscere” la mia anima, la mia umanità, riterrò indispensabile coltivare la spiritualità di mio figlio o di mia figlia quale caratteristica che gli permetterà di essere un uomo o una donna migliori.
Se decideremo di educarci AMOREvolmente saremo protagonisti attivi, responsabili, di una moltiplicazione di gentilezza, compassione, amorevolezza, senza paragoni.
Buon San Valentino.