OCCHI PER VEDERE

Ognuno di noi ha due occhi, due orecchi, due mani, ma quanti sanno vedere, ascoltare, toccare?

In questo ultimo anno che sono rimasta a casa mi sono dedicata a me, alla mia famiglia, alla preparazione di un nido che sapesse accogliere.
…ma non ho smesso di essere insegnante. E così ho approfittato di questo tempo per studiare, attività che mi piace molto ma che mi è difficile nella quotidianità, per tanti motivi, che sono gli stessi che non permettono a ognuno di noi di dedicarci a ciò che amiamo: ritmi serrati, lavoro, famiglia, ecc.

Sospendere le mie attività lavorative mi ha permesso quindi di dedicarmi allo studio, di spolverare la mia cassetta degli attrezzi, selezionare ciò che c’era, eliminare ciò che ingombrava per fare spazio a qualcosa di nuovo.
L’ho rifornita di strumenti posseduti ma dimenticati, di domande mai poste, di riflessioni che mi stanno spingendo verso un modo di fare l’insegnante che mi piace sempre di più, fatto di scoperta, di domande, di sentire che non è solo con le orecchie, di guardare che non è solo vedere.

Mi sto dunque dedicando all’approfondimento del Metodo Munari attraverso una collana di laboratori tematici creata in collaborazione con l’Associazione Bruno Munari. I testi mi stanno aiutando a capire, ad approfondire ma soprattutto mi stanno donando uno sguardo nuovo sul mondo.

Ecco allora che ieri passeggiavo in campagna e osservavo la natura intorno a me, e mi sembrava di non averla mai vista.
E sono nate in me tre riflessioni: la prima è la constatazione di quale sensibilità e profondità d’animo caratterizzasse l’uomo Bruno Munari. Perché tutti guardiamo ma lui non solo ha visto, ha avuto una grande visione che ancora oggi stupisce.
Poi ho pensato a quanto sia importante come adulti avere quello sguardo per educare i bambini (e quindi i nuovi adulti), per diventare modelli di come posare i propri occhi in modo attento su ciò che ci circonda, per scoprire la bellezza, l’ordine naturale delle cose.

Raccogliere un sasso e buttarlo nel fiume sarà allora un’esplorazione unica: porre attenzione alla sensazione sulla mano del sasso raccolto, differenziare i pesi tra pietre diverse ma apparentemente simili, scorrere la loro superficie . Provare a sentire il tipo di sensazione che ne scaturisce: piacevolezza, fastidio… Gettare il sasso nel fiume diventa poi l’occasione per osservare l’effetto delle pietre che cadono in acqua… e se buttiamo un bastoncino di legno? Cade nello stesso modo? Perché?

Tutto può sembrare così apparentemente sciocco, superficiale ma per un bambino prendere un sasso e buttarlo in acqua è molto diverso da prendere un sasso, essere accompagnati a osservare, metterci le parole per descrivere e sperimentare, buttarlo in acqua, e di nuovo osservare e riflettere.
Accompagnare i bambini in questa osservazione, con il giusto tempo e silenzio, permette a ciascuno (adulto e bambino) di essere nel mondo in maniera presente, di passeggiare guardando ciò che ci circonda, di vivere un’esperienza totalmente aderente al qui ed ora che ha carattere di infinito.

Una passeggiata nella natura può diventare un’esperienza unica di disconnessione dal mondo esterno per connettersi al momento presente, a ciò che ci circonda facendoci percepire tutt’uno con la natura.
È così che mi sono sentita ieri mentre guardavo il cielo, ascoltavo lo scorrere dell’acqua del fiume, guardavo gli alberi… Mi sembrava fosse la prima volta.

Quando ho guardato questo albero con grande stupore ho ricordato il libro dedicato alla Natura:Per disegnare un albero basta disegnare una Y, alle due estremità tracciare altre due Y e così via, creando ramificazioni”.

Eh già! tante Y fanno un albero. Ho 41 anni e ho guardato questo albero per la prima volta. Mi è venuta una gran voglia di tornare a casa e provare a disegnarlo, scoprire che non è poi così difficile disegnare un albero invernale, che potevo smetterla con quella serie infinita di alberi con la chioma verde. Perché la natura risveglia, la relazione con lei dona entusiasmo.
Se tutto questo accade in me adulto, chissà cosa succede nell’animo di un bambino?!

Sostenere i bambini a vivere esperienze nella natura, stimolare la loro curiosità attraverso domande, formulazione di ipotesi, può aiutarli a diventare curiosi, attenti, a promuovere una sensibilità e cura nei confronti della grande madre Natura.
Il Pianeta ha bisogno di cittadini e cittadine che abbiano gli occhi per guardare, una sensibilità per porsi domande, un cuore per amare la natura che li circonda, un sentimento e azioni di cura per preservare la bellezza.
Compito degli adulti che mettono al mondo i figli è proprio questo: promuovere la nascita di sentimenti e azioni che vadano in questa direzione.

Cari adulti diamoci il tempo di poter fare queste esperienze con i nostri figli, siamo sempre di corsa, ma per andare dove?
Alla fine della nostra vita non conteranno i soldi accumulati, saranno le relazioni a scaldarci il cuore, a farci sentire vivi.
Inutile costruire gabbie d’oro se poi non diamo da mangiare all’uccellino che c’è dentro.
Spegniamo il telefono (viviamo il lusso della non reperibilità), riserviamo ai bambini il giusto tempo, che è il tempo lento, di far nascere in loro le domande, le curiosità… evitiamo di dare risposte, invitiamo a sperimentare.

Facciamoci insegnare dai nostri figli a vivere le esperienze in modo totalmente presente al qui ed ora, divertiamoci con loro.
Facciamo come adulti un passo indietro e facciamo fare un passo avanti al nostro bambino interiore, prendiamoci cura di lui e ci prenderemo cura dei nostri figli.



Vi auguro tante avventurose scoperte.

Leggere. Che cosa?

Qualche settimana fa ho scritto un articolo sull’importanza della lettura condivisa in famiglia: un bambino esposto precocemente alla lettura è un bambino che svilupperà una buona capacità linguistica, migliorerà le sue competenze socio-emotive, compresa l’autostima. Perché ritornare oggi sull’argomento?
Si sta avvicinando Natale e io credo che regalare un libro sia davvero la scelta migliore, perché il libro non annoia, difficilmente finisce nel dimenticatoio, inoltre permette di inventare nuovi giochi, diventa strumento di relazione.


Che cosa leggere? Va bene leggere qualsiasi cosa?
Io credo di no. Bisogna scegliere e cercare letture di qualità.
Da qualche settimana nel mio profilo Instagram ho avviato una videorubrica in cui leggo ad alta voce alcuni albi illustrati che trovo molto significativi. Sono un’appassionata di letteratura per l’infanzia e li colleziono da molto tempo prima di diventare mamma.
A lungo gli albi illustrati sono stati l’unico strumento che ho utilizzato durante le formazioni con gli adulti, perché io credo che gli albi illustrati sono creati per i bambini ma sono fatti per gli adulti. Il linguaggio e le immagini ci aiutano spesso a comprendere grandi verità che non vogliamo accettare. O facciamo finta di non capire.

Come devono essere i libri? Nello scegliere un libro è importante prendere in considerazione l’età del bambino. Evitiamo di mettere in mano a bambini molto piccoli libri con pagine leggere e di grandi dimensioni: non sono maneggevoli e in più si potrebbero strappare. Importante è che il bambino impari la cura del libro, e lo faccia attraverso tanta esperienza: sarà necessario dunque fornire quelli adatti all’età del bambino. I libri cartonati fino ai 12-18 mesi sono quelli migliori, essendo resistenti il bambino può maneggiarlo, farlo cadere, morderlo. In questo modo potrà sviluppare familiarità con i libri evitando che strappare le pagine si trasformi in un gioco divertente.
Inoltre, e forse è scontato, ma non basta mettere nelle mani del bambino il libro perché lui lo sappia usare. Sarà necessario che l’adulto mostri al bambino l’uso che se ne fa, che lo leggano insieme tante, moltissime volte… fino ad impararli a memoria.
Per i genitori a volte è noioso, “ma leggiamo sempre questo! Non ti annoi? Lo conosci a memoria!” No, il bambino non si annoia! Il bambino ha bisogno di leggerlo ripetutamente, fino a conoscerlo a memoria, per comprenderne il significato profondo, osservare attentamente le immagini e scoprirne i particolari, solo quando il bambino sarà soddisfatto potrà passare al libro successivo. Spesso in questi libri sono contenute semplici frasi in rima, questo aiuta la comparsa del linguaggio. Scegliere libri con immagini che rispecchia il reale lo aiuterà a dare un nome alle cose che lo circonda.

Dai 18-24 mesi si può passare ad albi illustrati con semplici storie, il libro può diventare meno pesante e le pagine più leggere. Il bambino inizierà a prendere confidenza con questo importante strumento di relazione e conoscenza, fino a padroneggiare la storia, a raccontarla lui stesso e a simulare il momento della lettura che normalmente vive con le proprie figure di riferimento.
Ogni età ha i suoi consigli di lettura, qui puoi trovare una guida completa secondo il comitato scientifico di Nati per Leggere: un importante progetto di nazionale finalizzato a promuovere la lettura nei primi anni di vita, sostenere le madri nei primi momenti di vita dei bambini, favorendo nuove occasioni di relazione.

Come leggere? Quando si legge ad un bambino è necessario cercare di farlo assecondando il tono della voce alla storia, rispettando le pause e creando quella suspence che attiva la curiosità del bambino. Non siate frustrati se vostro figlio vi pone domande, prenda il libro e provi a leggere. Sta solo cercando di imitarvi! Insegnate con dolcezza l’ascolto, è una competenza complessa che si acquisisce poco alla volta; cercate quindi di stare con il vostro bambino, evitate di porvi obiettivi rispetto ai tempi di ascolto, cercate solo di vivere quel momento nel massimo delle vostre possibilità.

Qui puoi trovare un documento condiviso dal sito Nati per Leggere in cui vengono condivise le linee guide per poter leggere in modo efficace un albo illustrato.

Ti auguro di trovare il libro adatto per il bambino che hai in mente. Ti invito a fare un giro nella libreria del tuo paese, sfogliare gli albi illustrati, entrare in questo meraviglioso mondo e farti rapire. Buon viaggio.

Il cestino dell’autunno

Capita anche a voi di uscire per una camminata che poi si trasforma in una sosta dopo l’altra per raccogliere un legnato, una bacca o una foglia secca?
Una semplice passeggiata all’aria aperta può trasformarsi in una fantastica avventura se ci armiamo di due fondamentali ingredienti:
– possibilità di stupirci
– pazienza

Se usciamo con l’obiettivo di far prendere un po d’aria ai nostri bambini cerchiamo di abbandonare la modalità adulta della performance: sbrigarsi, camminare veloce e a testa bassa, raggiungere un obiettivo. Quindi cerchiamo di lasciare a casa ogni comunicazione che sia vicina a: “Dai, sbrigati?” “Ma non possiamo fermarci ogni cinque minuti!” “Su, forza!”
Quando decidiamo di fare una passeggiata con i nostri bambini dovremmo darci la possibilità di donarci un tempo e uno spazio nuovi: un tempo lento, per far nascere la curiosità, lo stupore, allenare l’osservazione, la capacità di guardare a ciò che ci circonda; uno spazio di possibilità, verso un orizzonte nuovo, senza la necessità di dare risposte immediate, per noi scontate, ma soffermarsi in uno spazio sospeso di domande, in cui lasciarci stupire dalla capacità del bambino di riflettere sui fenomeni del mondo, di ipotizzare risposte.

Mia figlia Rebecca è davvero molto curiosa e certamente cerco di promuovere questa importante qualità sostenendo il suo bisogno di fermarsi, osservare ciò che cattura la sua attenzione, raccogliere piccoli tesori, portare a casa i doni dell’esperienza vissuta.
Stamattina sia uscite approfittando del fatto che non piovesse: è stato così bello osservare come si fermasse a osservare il cielo, guardare i suoi occhi curiosi che mi chiedevano: “C’è il sole oggi?” “Perché non c’è?”, oppure fermarsi a raccogliere le prime foglie cadute a terra, darle il tempo di confrontare i colori delle foglie diversi, a seconda della tipologia, della fase, chiedersi come mai ci fossero dei gusci vuoti di chiocciole… “Dove sono andate?”
Ogni giorno torniamo a casa con un ricco bottino e così stamattina mi è venuta l’idea di portare con me un contenitore e creare il cestino dell’autunno. Ho letto molti articoli sull’importanza di esporre i bambini ai materiali naturali stagionali e ho pensato che non ci fosse occasione migliore che vivere l’esperienza diretta dell’autunno, e della ciclicità delle stagioni, che raccogliere i suoi tesori e portarli a casa per osservarli, giocare, ecc.

Io credo che la capacità di osservazione della realtà sia una competenza che vada allenata, come la capacità di farsi domande, ecco perché cerco di vivere i momenti di tempo libero in modo attento e presente, per consentirmi di non perdere occasioni di crescita per Rebecca e di relazione tra noi. Credo che siamo molto importante vivere le esperienze insieme, arricchirle di ricordi capaci di evocare episodi, aneddoti, senza considerare che sostenere l’interesse spontaneo del bambino è fondamentale per stimolare un amore per la conoscenza, una curiosità per il mondo che lo circonda e per ogni esperienza che possa rivelarsi occasione di apprendimento. La capacità di osservare il mondo, i fenomeni naturali e la sua ciclicità sono competenze naturali nei bambini ma che hanno necessità di essere sostenuti dai genitori. Come? Ponendo domande. E se è necessario dando risposte, ma farlo senza la presunzione di avere la verità in mano, perché un bambino potrebbe sempre formulare una nuova ipotesi da verificare!

Ah!!! dimenticavo!!! Cercate di utilizzare un linguaggio autentico, reale, evitando diminutivi ecc. I bambini amano classificare e per farlo hanno bisogno di conoscere il termine esatto di ogni cosa. Questo li aiuterà anche ad aumentare il loro vocabolario personale e a orientarsi nel mondo.

PS: cerchiamo quindi di documentarci, sennò rischiamo i confondere una lumaca con una chioccola!!! Tutto questo può rappresentare una grande opportunità per noi adulti: stimolandoci a fare esperienze di apprendimento e comprendere ciò che diamo per scontato ma che non conosciamo.

Buon autunno.