19 marzo

Evviva i papà. Ma io lo chiamo babbo.

Evviva il babbo di quando sei adulto, che lo vai a cercare, lo scegli e te lo riprendi.
E lo ritrovi lì, dove lo avevi lasciato, meno supereroe, più vecchio, più umano.

Viva i figli che scelgono di diventare adulti, quelli che si incamminano verso quella ricerca e non perché non vogliono lasciarli soli quei padri burberi, poco accoglienti, che tanto hanno dato e tanto hanno chiesto. Ma solo perché vogliono riconoscere l’umano che c’è in loro. Accogliere la propria storia.
Perdonare, se l’amore non è stato dato nella forma in cui era stato chiesto.

Evviva i babbi, quelli che si lasciano mettere da parte dalle madri, perché più competenti, più empatiche, più veloci e non sbagliano un colpo.
Evviva i babbi che seppur messi da parte non si perdono, vogliono starci e lottano per una relazione anche come mariti.

Evviva quei babbi, che per essere babbi, lasciano il loro ruolo di figlio e si vestono dei panni di adulto. Un’immagine di sé che nessuno aveva costruito ma che, con fatica, sbagliando, prova a creare.

Evviva i babbi che sono goffi con i figli, che sbagliano tutti i colpi, che però continuano a provarci. Io li amo alla follia quei babbi.

Evviva i babbi che chiedono, che si informano e che ci provano.
Ho conosciuto tante mamme che hanno partecipato a incontri, letto libri, guardato video. Ma poche hanno cercato di applicare alla loro vita il cambiamento.

Ma ho conosciuto tanti babbi che quei video non li hanno cercati, ma li hanno guardati e ci hanno provato a cambiare. E spesso ci sono riusciti.

Buona festa del papà anime che sapete stare in silenzio, aspettare, ma non mollate mai.

Condivido questa poesia, che io trovo bellissima e commovente ogni volta.
Lettera di un padre ad una figlia – Riccardo Rossi

Oggi parliamo bene di un uomo che non viene considerato molto, ma che a un certo punto della sua vita NON ha preso una decisione e ha fatto comunque un figlio, o magari meglio per lui, una figlia, ed è a questa ragazza che vorrei parlare…
Quando parliamo di quest’uomo che ci conosce un po’ meglio solo da grandi dobbiamo considerare sempre il fatto che parliamo di un bambino che diventa ragazzo e poi uomo suo malgrado, ma non diventa mai adulto e tutte le cose della vita gli cadono addosso anche se lui non vorrebbe, perché sa di doverle affrontare senza sapere come.
È quell’uomo che a volte non ha un posto dove stare a casa, perché torna sempre per ultimo, e solo da vecchio lo trovi sempre sulla poltrona con un giornale e ti farà finalmente tenerezza: perché tuo padre è quell’uomo che ti ha insegnato ad andare in bicicletta tenendoti il sellino da dietro per non farti cadere.
È quell’uomo del quale ti ricordi solo all’ultimo momento di farti una foto con lui ai tuoi compleanni e se invece al suo ti scordi di fargli gli auguri non ci rimarrà male perché lui lo sa che non l’hai fatto apposta.
È quell’uomo che può litigare con chiunque per tutta la vita ma con te vorrà sempre fare pace in un attimo perché è quell’uomo che ti amerà come non ha mai amato niente nella sua vita.
Tuo padre è quell’uomo che quando ti sposerai compierà l’ultimo sacrificio che la vita gli chiede: portarti all’altare e guardarti da dietro mentre ti lascia la mano…
E ricordati, cara figlia mia, che se una volta, quando sarai una donna, dovessi attraversare un momento difficile in cui ti sentirai sola come mai ti è successo e non troverai nessuno accanto, dovrai girare la testa per guardare dietro di te.

E troverai un uomo solo. Tuo padre.