TIENILO TU CHE MI PIANGE!

Care neo mamme, vi è mai capitato di ascoltare queste parole mentre vi stanno rimettendo tra le braccia il vostro bambino o bambina?

Vi è mai capitato di esservi appena sedute sul divano, aver pensato: “che bello…un attimo di riposo!!!” e al primo “Uhè”, il vostro bambino o la vostra bambina vi torna indietro come un boomerang?
A me è successo spesso, e osservo che spesso è una consuetudine. Soprattutto da parte di chi si sente poco competente rispetto a se stesso nella gestione del piccolo o della piccola.

Care mamme avete da me profonda compassione, cerchiamo ora di capire insieme come poterci difendere dall’effetto boomerang e assicurarci il momento di riposo tanto atteso.

Innanzitutto, cara mamma poniti la domanda: “Mi fido della persona a cui sto affidando il mio bambino o la mia bambina?”
Se nel momento in cui sto affidando il bambino o la bambina a cura esterne (partner incluso), la sensazione è di disagio, poca fiducia,” lo faccio ma non lo vorrei“, “te lo voglio smollare ma mi sento in colpa”, il neonato o la neonata, che è strettamente interconnesso alla mamma e al suo sentire, farà di tutto per non allontanarsene perché “come posso sentirmi quieto tra le braccia di qualcuno, se mia madre non è tranquilla?”.

La mamma in questo caso vive una duplice sensazione: frustrazione per non essersi potuta ricavare il momento tanto atteso per se, e un senso di esclusività, perché il bambino all’infuori di lei non vuole nessuno, rischiando di sentire il bambino o la bambina una sua proprietà. In questo caso, mamma puoi chiedere aiuto, riflettere insieme al tuo partner sul senso che ha per te il vostro bambino o la vostra bambina, e valutare quali potrebbero essere le condizioni che ti permetterebbero di affidarlo con serenità.

Poi ci sono le mamme che, pur sentendosi tranquille di affidare il proprio bambino o la propria bambina alle braccia del proprio partner, e quindi al padre del nuovo nato o della nuova nata, si ritrovano con un uomo che non è stato preparato ad accogliere il pianto di un bambino o una bambina; il vagito rappresenta un po un allarme interno di inadeguatezza, tipo “Non sei capace, mettilo giù” e il bambino o la bambina va restituito al “legittimo proprietario”.

Ricordiamoci che quando nasce un bambino o una bambina nascono anche una mamma e un papà. Nessuno è nato preparato a questo ruolo, forse le donne hanno fatto molta esperienza da bambine negli angoli simbolici della scuola infanzia, in cui si prendevano cura di bambole e bambolotti, ma è un’esperienza nuova per tutti.
Utile sarebbe “sdoganare” quei giochi (bambolotti, passeggini) ai bambini, cosicché i maschietti possano imparare (come fanno le femminucce), attraverso il gioco, a fare i papà (molte insegnanti sanno che i bambini sono molto attratti da passeggini e cucine di legno, ma è necessario ammettere anche che molti genitori sono terrorizzati sei i propri figli fanno questi giochi, definiti spesso “femminili”).

Il “fare finta di” ci prepara ad affrontare le future sfide della vita.
Quindi care mamme, quando il vostro partner vi guarda e sta per dirvi: “prendilo tu, che con me piange!”, fatevi forza e cercate con calma e serenità di dire: “piange anche con me, prova a cantargli una canzone” oppure “prova a sussurrare nel suo orecchio parole dolci”, in soldoni mamme, donne, non cadete nella trappola di diventare le madri dei vostri partner (la richiesta: “prendilo tu che con me piange” è un pò come la richiesta/pianto del bambino: va consolata e sostenuta) cercate di considerare il padre di vostro figlio o di vostra figlia pari a voi in termini di risorse e capacità di sostenere il bambino: accompagnateli, non giudicateli, aiutateli a diventare sempre più competenti.

E non credete alla scusa che avete “la tetta”, ogni essere umano ha in sé le risorse per fronteggiare le sfide che la vita gli propone, dobbiamo solo trovare gli strumenti per farli emergere. Aiutiamo i padri a fare i padri, favoriamo i cambi di pannolini, le passeggiate notturne per calmare una colica, scrolliamoci di dosso l’ingombrante ruolo di “essere uniche”, e condividiamo la responsabilità genitoriale, solo così potremo favorire la nascita dei nuovi padri, e riprenderci, come donne, il nostro ruolo di guida e sostegno, riconoscendo che se crediamo in loro, i papà, sono anche “più bravi” delle mamme. 

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